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Valutazione di antibiotico resistenza in agenti di mastite bovina nel Triveneto

RER/ Università di Bologna  2014 

La mastite bovina è una patologia della ghiandola mammaria su base infiammatoria largamente diffusa nell’allevamento bovino da latte in tutto il mondo. Essa rappresenta una delle sfide più complesse nell’ambito dell’allevamento degli animali da reddito. Le difficoltà che si incontrano nel tentativo di stabilire una strategia terapeutica adeguata, quando essa si renda necessaria, sono molteplici e comprendono fattori relativi all’animale (età, stadio di lattazione, gravità della sintomatologia), alla stessa terapia (tipo di antibiotico, via di somministrazione) e all’agente eziologico (specie, fattori di virulenza). Inoltre, affinché essa risulti efficace, è fondamentale servirsi di metodiche che permettano di valutare la suscettibilità agli antibiotici dei microrganismi implicati, e di scegliere le molecole a più stretto spettro d’azione, al fine di limitare quanto più possibile l’insorgenza di fenomeni di resistenza.

La presente tesi ha voluto analizzare alcuni parametri relativi all’antibioticoresistenza di ceppi batterici isolati da casi di mastite bovina nel territorio di competenza dell’IZSVe, nel tentativo di favorire un utilizzo più razionale e responsabile del farmaco antimicrobico in medicina veterinaria.

I dati fanno riferimento a 17.100 antibiogrammi (di cui solo in parte riguardanti ceppi di E. coli isolati da sindrome enterica) eseguiti presso i laboratori dell’IZSVe nel periodo 2010-2014 secondo metodica Kirby-Bauer.

Complessivamente si evidenzia un’elevata prevalenza di patogeni Gram-positivi rispetto ai Gram-negativi e una maggiore percentuale di isolamento di microrganismi ambientali rispetto ai contagiosi. Nel periodo di tempo considerato è possibile rilevare un certo grado di riduzione delle percentuali medie di ceppi R+I nei confronti dei Betalattamici (S. aureus, S. uberis, S. agalactiae e SCN), dei Macrolidi (S. aureus), dei Chinoloni (S. uberis, Enterococcus spp., S. agalactiae), delle Rifamicine (S. dysgalactiae, S. agalactiae) e dei Sulfamidici (S. uberis, Enterococcus spp., S. dysgalactiae, SCN), il quale risulta, per quest’ultima categoria di antibiotici, particolarmente marcato per S. agalactiae. Sempre per questo microrganismo, si è inoltre riscontrato un aumento delle percentuali di resistenza verso le Tetracicline e i Macrolidi. Per quanto riguarda gli streptococchi, le percentuali maggiori di sensibilità verso i Betalattamici appartengono all’Amoxicillina+Acido Clavulanico e alle Cefalosporine (con percentuali inferiori per S. uberis e Enterococcus spp.), mentre per gli stafilococchi esse appartengono all’Oxacillina (meno efficace verso gli SCN), all’Amoxicillina+Acido Clavulanico e alle Cefalosporine. Sempre nell’ambito degli stafilococchi si è evidenziato un calo dei ceppi R+I verso le penicilline del gruppo M, dato questo che rassicura sull’eventuale emergenza di ceppi meticillino-resistenti. Per quanto concerne E. coli, si confermano delle percentuali di sensibilità superiori nei ceppi di derivazione mammaria rispetto a quelli isolati da sindrome enterica, i quali hanno manifestato un aumento delle percentuali di resistenza soprattutto nei confronti dei Macrolidi. È stata inoltre evidenziata una tendenza all’aumento delle percentuali di sensibilità di E. coli di origine mammaria sia verso le Cefalosporine III e IV che di I e II generazione, le quali, nonostante risultino meno efficaci in vitro rispetto alle molecole più recenti, rappresentano ancora oggi un’ottima opzione terapeutica.