I CCP nei piani di autocontrollo, la posizione dell'Emilia-Romagna

Una recente nota del Ministero della Salute è intervenuta sulla definizione del CCP nei piani di autocontrollo degli impianti di produzione alimenti.In seguito a una visita condotta da un ispettore del Ministero della Salute in uno stabilimento di stagionatura di Parmigiano-Reggiano in Emilia-Romagna, è scaturito un problema di diversa interpretazione dell’Haccp tra Regione e Ministero. Secondo il Ministero è obbligatorio individuare almeno un punto critico di controllo (ccp) all'interno del piano di Haccp anche nelle imprese dove i processi produttivi sono molto semplici altrimenti il sistema rischia di non essere gestitoSecondo la Regione questo obbligo non è previsto né nel metodo HACCP sviluppato dal Codex Alimentarius, né negli standard riconosciuti a livello internazionale quali l’ISO 22000, né infine nel regolamento 852/2004.Abbiamo chiesto a Gabriele Squintani direttore del Servizio veterinario e igiene degli alimenti dell’Assessorato politiche per la salute dell’Emilia-Romagna qual è la posizione della Regione. “La Regione rimane perplessa sulla indicazione ministeriale, ma ne darà attuazione”.Questo vuol dire che i produttori di alimenti che, in accordo con le AUSL, non avevano individuato un CCP dovranno modificare il proprio piano di autocontrollo, definire il punto critico sanitario della loro produzione, stabilire i parametri di controllo e cominciare una sistematica registrazione di questi parametri. Un lavoro impegnativo di cui non si comprendono sino in fondo le reali esigenze di sicurezza sanitaria.“Appena ricevuta la seconda nota ministeriale abbiamo avvertito le Aziende USL e le Associazioni di categoria chiedendo di adeguarsi al più presto alle disposizioni nazionali”. E’ stato fissato un periodo di tempo per modificare i piani di autocontrollo non ancora conformi e sollecitato le Aziende USL ad incontrare i rappresentanti dei produttori per presentare il parere ministeriale e discutere le modalità di realizzazione.La Regione ha comunque escluso da questo obbligo una determinata categoria di produttori. “Si tratta di quelle attività che rientrano nel dispositivo della deliberazione della Giunta Regionale del 17 novembre 2008, n. 1869 - Semplificazione del sistema HACCP per alcune imprese del settore alimentare”.Il provvedimento regionale aveva previsto una procedura dell’HACCP semplificata e flessibile per le piccole imprese che si occupano, ad esempio, di ristorazione, stagionatura dei formaggi, esercizi commerciali al dettaglio. Stiamo parlando di settori dove non si realizzano attività di preparazione, produzione o trasformazione di prodotti e dove “la manipolazione degli alimenti segue procedure consolidate che costituiscono spesso parte della normale formazione professionale degli operatori”. Questa flessibilità si può interpretare come un “regalo” per questi produttori? No. La scelta regionale è supportata dal concetto che l’adozione di una buona prassi igienica all’interno dello stabilimento o del deposito, possono sostituire la sorveglianza dei punti critici, oltre alla difficoltà oggettiva fissare dei limiti precisi. Ci sono altre eccezioni? Rispetto alla delibera del 2008 abbiamo specificato che è invece obbligatorio per i ristoranti gestire con un ccp il congelamento del pesce servito crudo o praticamente crudo, per inattivare le larve di Anisakis. Da tempo è vietato somministrare pesce crudo o praticamente crudo senza averlo preventivamente congelato. Se il congelamento viene effettuato nel ristorante questa operazione deve essere controllata tramite un ccp.

Data di pubblicazione: 
01/01/2012
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