I contaminanti del sistema marino: pericoli invisibili

Gli ambienti profondi sono un’immensa riserva di biodiversità per la Terra, minacciata oggi da nemici visibili e invisibili. Ne parla Roberto Danovaro, presidente della Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli, che oltre a essere uno dei più importanti biologi marini italiani è anche un esperto di fondali e profondità oceaniche. Il 95% dei cavi indispensabili alle telecomunicazioni segue infatti vie marine. E negli oceani si trovano enormi risorse energetiche di cui gli Stati e le multinazionali si contendono lo sfruttamento, lungo rotte attraverso cui passa il 90% dei trasporti globali. Inoltre i nemici del mare continuano a intorbidire le acque. Sappiamo ormai abbastanza di quelli più famigerati, dagli sversamenti petroliferi alle spaventose isole di rifiuti galleggianti. Molto meno noti sono i pericoli invisibili: a cominciare dalle microplastiche. La maggior parte delle microplastiche arriva dalle fibre dei nostri vestiti quando effettuiamo lavaggi in lavatrice. Ma anche l’abrasione degli pneumatici in strada e le microsfere contenute in esfolianti e dentifrici contribuiscono a far defluire in mare frammenti plastici «perfino più piccoli delle PM10, le polveri sottili che respiriamo», e non per questo meno nocivi. Le stesse macroplastiche, ricorda Danovaro, finiscono per ridursi in particelle minuscole. Con una conseguenza più grave: «Le microplastiche tendono infatti ad assorbire contaminanti, diventando così vere e proprie “micropillole” di veleno per gli organismi marini che le ingeriscono». La notizia peggiore, tuttavia, è che non sono soltanto petrolio e plastica a minacciare l’ambiente marino: «Il Mediterraneo è complessivamente il mare più minacciato del mondo, ma sono molte componenti a renderlo tale. Il biologo evidenzia in particolare su due grandi temi: da un lato la pesca indiscriminata e l’acquacoltura non sostenibile, dall'altro impatto del cambiamento climatico sulle acque.

Data di pubblicazione: 
17/05/2017
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