Agricoltura urbana: a volte rende di più in città che in campagna

12/09/2022

Di agricoltura urbana si sente parlare sempre più spesso. Dalle piccole coltivazioni messe a dimora all’interno delle città o in spazi verdi dedicati  deriva ormai un quantitativo di alimenti vegetali che si stima, a livello mondiale, sia compreso tra il 5 e il 20% del fabbisogno (a seconda delle città). 

Negli ultimi anni, centinaia di studi di singole realtà hanno cercato di dare risposte a questi  quesiti, ma è sempre mancata una visione più generale, in grado di fornire linee guida per evitare di investire in colture destinate a fallire per motivi ambientali o economici. Per questo i ricercatori dell’Università di Lancaster, nel Regno Unito, hanno cercato di strutturare le conoscenze attraverso la metanalisi di centinaia di lavori che hanno affrontato i diversi aspetti, selezionandone 200 condotti in 53 paesi che hanno fornito oltre 2mila singoli dati.

Il risultato è stato pubblicato su Earth’s Future, e potrebbe essere di grande aiuto alle comunità che decidono di sostenere gli sforzi dei propri cittadini, o di investire direttamente nell’agricoltura urbana.

Innanzitutto, è emerso un dato poco scontato: la maggior parte delle colture rende meglio in città che in campagna. Accade con i cetriolini e i cetrioli, la cui resa, in un ambiente urbano, va da due a quattro volte rispetto a quella rurale. Lo stesso si vede con la lattuga e altri tipi di insalate, molti tuberi, peperoni, pomodori, cavolfiori e altre brassicacee, aglio, carote ed erbe aromatiche, che si trovano più a loro agio in città. In altri casi la sfida finisce in parità o quasi, con un lieve vantaggio per gli orti urbani, come per i legumi, le piante da olio, il riso e i cereali, i piselli e le fragole, mentre le sole coltivazioni che non hanno successo in zone urbanizzate sono le piante da cui si ricava lo zucchero come la barbabietola.

Questi dati sono particolarmente interessanti perché, forse per la prima volta, mettono insieme quanto si ottiene in aree verdi dedicate come gli orti urbani, con la resa delle zone che gli autori chiamano grigie, cioè cementificate, quali i tetti e i terrazzi o i piccoli spazi condominiali, fornendo così un quadro molto più realistico.

Secondo gli autori con ogni probabilità nei prossimi anni la situazione sarà molto più definita e aiuterà a pianificare e a gestire questa preziosa risorsa meglio di quanto non sia avvenuto finora.

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