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Insetti alimentari: il futuro ci chiede di ripensarli come una fonte di macronutrienti utili

31/05/2023

Ad oggi India e Cina assommano a oltre il 30% dell’umanità e le loro abitudini alimentari non si basano su proteine di origine animale per motivi religiosi o per tradizioni culturali. 

Basta pensare che in Cina, dal 1980 il consumo di carne dai 13 kg pro-capite è cresciuto a 53 kg nel 2004 e, l'attuale tendenza, li porterà nel 2031 a equiparare i 97 kg all’anno consumati di carne dell’odierno nordamericano. L’OMS e la FAO hanno da tempo sottolineato che l’incremento dei consumi di proteine di origine animale in questi paesi renderà insostenibile la gestione delle risorse naturali aggiungendo un ulteriore pericolo per la sopravvivenza della specie umana. 

Una possibile alternativa è identificare altre fonti di proteine non di origine animale o vegetale che possano sostenere sia la crescita demografica che il diritto ad una alimentazione equa senza creare problematiche di sicurezza alimentare. 

Gli insetti sin da tempi remoti sono stati considerati alimenti o in molti casi dei veri e propri scrigni di principi terapeutici grazie al loro patrimonio di sostanze bioattive. Il futuro ci sta chiedendo di ripensarli come una fonte di macronutrienti utili per il sostegno alimentare specie nelle aree dove ci sono difficoltà ad ottenere gran quantità di proteine per la popolazione. 

Sono oltre 2.000 le specie di insetti edibili, molti dei quali sono comuni in Africa, Asia o America del Sud, e studiarli per avere una valida alternativa e sostenere i consumi alimentari dell’umanità è un dovere per i paesi più avanzati pur se quest’ultimi non hanno ancora la necessità di usarli come fonte alimentare. L’allevamento degli insetti può sia sostenere la maggiore richiesta di proteine di qualità che la riduzione dei consumi delle risorse rinnovabili rendendosi utili in qualsiasi momento del loro ciclo di crescita a partire dalle larve e pupe potendo così ottimizzare i loro tempi di “raccolta” e utilizzo.

Oggi gli insetti come cibo sono usuali per quasi due miliardi persone nel mondo, ma per i restanti consumatori la loro accettazione come cibo è una barriera dura da superare. Il primo ostacolo è legato alla “neofobia alimentare” ovvero alla paura del nuovo in tavola; qualcosa di simile accadde agli inizi del ‘900 col rifiuto di accettare il latte pastorizzato anziché il latte crudo. Un secondo motivo di rifiuto è nell’essere semplicemente disgustati dagli insetti perché collegati ad ambienti sporchi, a fenomeni di carestie, alle bibliche invasioni e ad alcune malattie di cui sono vettori. 
D’altra parte, numerosi studi dimostrano come le proteine e gli amminoacidi che li costituiscono, i lipidi e i microelementi ottenibili dagli insetti edibili sono degli ottimi sostituti delle fonti tradizionali di macronutrienti e si propongono come valide alternative nutrizionali.

Nel passato gli insetti commestibili erano per lo più “selvatici” e non addomesticati, anche se con le api si è sempre apprezzato il loro miele, ma oggi si parla le normative prevedono l’uso di solo quattro specie di insetti che possono configurarsi come ingredienti alimentari o diventare dei semitrasformati che possono essere autorizzati a essere immessi nel mercato europeo. 
Le norme prevedono che siano allevati in maniera “maniacale”, utilizzando protocolli e accortezze che rendono questi insetti allevati solo parenti alla lontana dei corrispondenti insetti “selvatici”. 
Non possono essere allevati nutrendoli con qualsiasi fonte vegetale, quindi, non accumulano metalli pesanti, fitofarmaci, molecole di sintesi etc. e la gestione dell’allevamento assicura livelli di sicurezza sempre elevatissimi. 

Nel complesso gli insetti non contengono colesterolo, non introducono grassi pericolosi per la salute, forniscono fino al 65 % di proteine e il 37% in peso secco di grassi, alcune specie di insetti sono ricche di potassio e altre di sostanze salutistiche per l’uomo. 
Gli insetti commestibili sono ideali come fonte di macronutrienti per i paesi in difficoltà dal punto di vista nutrizionale mentre la loro ricchezza in vitamine e micronutrienti nonché di antiossidanti, antiinfiammatoria etc. può proporli come futuri integratori alimentari. Questa ultima opzione potrebbe essere la chiave di volta perché il loro consumo come prodotti funzionali e salutistici sia meglio accettato nei consumatori dei paesi più avanzati. 
Alcune critiche provengono dalla loro possibile allergenicità e questo richiede ulteriori studi per capire quanto siano realmente pericolosi, ma anche in questo caso si possono applicare processi produttivi già consolidati che eliminano la chitina oppure in extrema ratio escludere il loro consumo per chi è allergico. 

 

 

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