Siamo entrati nell'era "antropece": la Terra non segue più i ritmi geologici ma si adatta all'attività umana

14/09/2021

In meno di un secolo il riscaldamento globale ha alterato le caratteristiche del ciclo dell’acqua come mai accaduto negli ultimi 50 milioni di anni. Con la rivoluzione industriale e tecnologica il pianeta è entrato in una nuova era, l’antropocene: significa che gli elementi fondamentali della Terra non seguono più i ritmi geologici, ma si adattano ai tempi dell’attività umana. La grande accelerazione si è innescata negli ultimi 70 anni con il forte incremento di CO2 immessa dall’uomo nell’atmosfera. Tra gli effetti più evidenti la progressiva e inarrestabile fusione dei ghiacciai, l’innalzamento del livello del mare e l’acidificazione degli oceani.

I ghiacciai alpini si stanno sciogliendo a velocità doppia rispetto alla media mondiale.

Secondo uno studio dei ricercatori dell’Università di Erlangen-Norimberga rilasciato a giugno dell’anno scorso, tra il 2000 e il 2014 i ghiacciai alpini hanno perso il 17% del proprio volume (circa 81 centimetri di spessore all’anno). Qui la temperatura è già aumentata di 2 gradi dal 1880.

Il ritiro delle aree glaciali influenza l’idrologia delle zone alpine, provocando secche anche sui fiumi e laghi della Pianura Padana: «Se consideriamo gli scenari più catastrofici, ovvero in assenza di consistenti misure di adattamento — spiega Daniele Bocchiola, docente di Idrologia e Costruzioni Idrauliche al Politecnico di Milano — ci sarà un forte ritiro dei ghiacciai dalle Alpi entro il 2050. Per allora si troverà ghiaccio solo oltre a quote molto elevate. Verosimilmente oltre i 3mila metri».

La fusione dei ghiacciai continentali e polari ha causato negli ultimi 20 anni fino al 21% dell’innalzamento del livello del mare, circa 0,74 millimetri all’anno. Gli esperti prevedono che entro il 2100 gli oceani subiranno un innalzamento compreso tra i 30 cm e il metro mettendo a rischio metropoli e litorali in tutto il mondo, ovvero aree in cui vivono circa centoquindici milioni di persone. Secondo le proiezioni dell’Intergovernmental Panel on Climate Change, il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, entro quella data città come Venezia e Giacarta rischiano seriamente di finire sott’acqua. Ma già entro il 2050, senza provvedimenti drastici contro il pericolo di inondazioni, l’IPCC segnala danni tra 1.600 e 3.200 miliardi di dollari per 136 grandi città costiere. Tra le più colpite ci sono anche New York, Mumbai, Tokyo, Shanghai, Miami, Rotterdam, Città del Capo.

Ormai lo sappiamo che non esiste alternativa se non quella di ridurre drasticamente le emissioni di CO2. Nel 2020 sono diminuite del 6,4%, ma è un calo dovuto principalmente al Covid che ha limitato le attività economiche e sociali in tutto il mondo. L’accordo di Parigi sul clima firmato da 195 Stati ha come obiettivo di limitare l’incremento del riscaldamento climatico entro 1,5 gradi oltre i livelli pre-industriali. Vuol dire che le emissioni di CO2 dovranno essere azzerate entro i prossimi 30 anni.

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