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Sesta puntata: Acqua in bottiglia. E' reato “di pericolo presunto” il deposito al sole

La Corte di Cassazione con la sentenza 39037/18 del 28 agosto nel confermare la condanna a un commerciante che aveva accatastato confezioni di acqua minerale all’esterno di un deposito in Sicilia, nel periodo estivo, in pieno giorno, ha ribadito un importante principio in materia di reati contro la salute per mezzo di sostanze alimentari e cioè che esporre l’acqua in bottiglia di plastica sotto la diretta luce del sole è reato perchè pericoloso e nocivo per la salute dal momento che l’acqua si contamina.

Come si legge nella sentenza l’acqua deve essere assimilata ad altri liquidi alimentari come l’olio o il vino: "l’acqua è un prodotto alimentare vivo e come tale è soggetta a subire modificazioni allorché è isolata dal suo ambiente naturale e forzata all’interno di contenitori stagni che impediscono i normali interscambi che avvengono fra l’acqua, l’aria, la luce e le altre forme di energia e che modificano le relazioni che in natura l’acqua conosce allorché viene sottoposta ad aumento di temperatura o ad esposizione continua ai raggi del sole".

Un commerciante era stato condannato dal Tribunale di Messina per il reato di cui all’art. 5 della L. n. 283 del 1982, per avere detenuto per la vendita, in cattivo stato di conservazione, più confezioni di acqua accatastate alla rinfusa all’esterno di un deposito ed esposte alla luce del sole, in periodo estivo in pieno giorno. Lo stesso presenta ricorso per cassazione sostanzialmente sulla base di un motivo,  la difesa sostiene che per la sussistenza del reato, occorre dimostrare che l’acqua sia rimasta in contatto con la luce solare per un periodo di tempo utile ad ingenerare la cattiva conservazione, inoltre, la locuzione “cattivo stato di conservazione” farebbe ritenere che la merce debba subire un deterioramento dovuto alla durata della cattiva conservazione altrimenti, qualunque esposizione al sole sarebbe ritenuta nociva. In altre parole, secondo la difesa, la norma sarebbe generica, punendo anche una esposizione breve al sole.

La Cassazione ha rigettato tali argomentazioni, ricordando anzitutto che il reato di detenzione per la vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione è un reato cosiddetto “di pericolo presunto”, il che comporta che si realizza con largo anticipo data l’estrema rilevanza del bene protetto la salute. Per la configurazione di tale reato è sufficiente che si accerti che le concrete modalità della condotta siano idonee a determinare il pericolo di un danno o deterioramento dell’alimento, senza che sia necessaria a tal fine la produzione di un danno alla salute. Questo  reato è posto a tutela del c.d. ordine alimentare, volto quindi ad assicurare che il prodotto giunga al consumo con le garanzie igieniche imposte dalla sua natura, principio che è del tutto consolidato nella giurisprudenza della Suprema Corte la quale afferma che “l’esposizione, anche parziale, di prodotti destinati al consumo umano alle condizioni atmosferiche esterne, tra cui l'impatto con i raggi solari può costituire potenziale pericolo per la salute dei consumatori, in quanto sono possibili fenomeni chimici di alterazione dei contenitori e di conseguenza del loro contenuto”.

In conclusione, tale reato si configura anche senza la prova della concreta pericolosità dell’alimento ma rileva unicamente la condotta idonea a porre in essere un danno o deterioramento dell’alimento.

 

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Data di pubblicazione: 
18/04/2019
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