Glutammati: Efsa ammonisce sui consumi elevati e chiede che diminuisca l'utilizzo nei cibi industriali

Additivi alimentari ancora sotto la lente di ingrandimento dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa). È la volta dei glutammati (di sodio E 621; di potassio E 622; di calcio E 623, di ammonio E 624 e di magnesio E 625), cioè i sali dell'acido glutammico (E 620), aminoacido prodotto naturalmente nell'organismo umano e presente in forma libera anche in alcuni alimenti come pomodori, certi tipi di alghe, formaggi stagionati e salsa di soia. Per queste sostanze, riassume il documento l'Opinione del Panel, dagli studi disponibili (a breve-termine, subcronici, cronici, sulla riproduzione e lo sviluppo) non sono stati osservati effetti avversi, anche riguardo la genotossicità. L'Efsa ha tuttavia di recente rivalutato la loro sicurezza sulla base dei dati di esposizione della popolazione, auspicando per voce di Claude Lambré, presidente del gruppo di lavoro, che l'industria "riesamini i livelli massimi di acido glutammico e glutammati aggiunti agli alimenti, in particolare per prodotti di pasticceria fine, zuppe e brodi, salse, carne e prodotti a base di carne, condimenti e insaporitori e per gli integratori alimentari". Le stime dell'esposizione infatti superano largamente sia la dose giornaliera ammissibile (DGA), pari a 30mg/kg bw sia i livelli associati ad alcuni effetti nocivi nell'uomo, soprattutto quando l'esposizione è definita medio-alta.

Data di pubblicazione: 
05/10/2017
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