IARC: "Grassi e cancro"

12/07/2023

grassi e i lipidi sono stati tra i primi macronutrienti su cui si è concentrata l’attenzione della comunità scientifica. Ancora oggi, quando una persona intende dimagrire, gli alimenti che li contengono sono tra i primi a essere messi al bando. Per le loro proprietà, i grassi sono utilizzati perlopiù come “magazzino” e fonte di energia per il nostro organismo. Quando si brucia 1 g di acido grasso come combustibile, si ricavano 9 kcal: più del doppio di quanto si ottiene da carboidratiproteine(4 kcal). Limitarne l’apporto è dunque importante per prevenire l’aumento del peso corporeo e quell’ampia gamma di malattie che sono conseguenza di sovrappeso e obesità. Eppure, come avremo modo di vedere, non possiamo vivere senza i grassi.

Assieme ai carboidrati, gli acidi grassi costituiscono i carburanti primari del metabolismo degli organismi superiori, esseri umani compresi. Come tali, occupano un ruolo centrale nella nutrizione umana. I lipidi sono molto diffusi in natura: li troviamo infatti sia nel regno animale sia in quello vegetale e sono tra i costituenti essenziali di quasi tutti gli organismi. Nel corpo umano i grassi costituiscono mediamente il 17 per cento del peso corporeo. A livello cellulare, i grassi svolgono almeno due azioni: sono presenti nei fosfolipidi che compongono le membrane cellulari garantendone il funzionamento, e sono precursori di diverse molecole e intervengono in numerosi processi biologici. Dopo l’acqua, i grassi rappresentano la componente principale del nostro cervello e della mielina, la guaina che riveste i neuroni e che permette la trasmissione degli impulsi nervosi. A livello funzionale i grassi hanno innanzitutto una funzione termoregolatrice

Le tabelle dei Livelli essenziali di assunzione dei nutrienti ed energia (LARN) redatte dalla Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) indicano che l’apporto di grassi deve essere responsabile del 20-35 per cento circa delle calorie quotidiane prodotte. Rispettando queste indicazioni e praticando un’adeguata attività fisica, non sussistono rischi particolari per la salute.

 

L’attenzione nei confronti dei diversi tipi di grassi è iniziata negli anni Cinquanta, con gli studi, tra gli altri, del fisiologo americano Ancel Keys che aveva approfondito le possibili cause della longevità degli abitanti del Cilento, un’area della Campania, e, più in generale, del Mezzogiorno italiano. I suoi studi hanno portato a comprendere che una dieta povera di grassi – molto diversa da quella che Keys era abituato a osservare negli Stati Uniti – riusciva a tenere bassi i livelli di colesterolo nella popolazione e, di conseguenza, a ridurre l’incidenza dell’infarto del miocardio. Così ha iniziato a farsi strada l’ipotesi che gran parte delle morti per cause cardiovascolari fossero da ascrivere, oltre che al fumo di sigaretta, a un consumo eccessivo di grassi alimentari, in particolar modo se di origine animale.

Oggi sappiamo che un apporto eccessivo di grassi saturi determina un innalzamento dei livelli di colesterolo nel sangue, in particolare della forma LDL. Anche per questo, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità i grassi saturi dovrebbero contribuire al massimo al 10 per cento dell’apporto energetico giornaliero. Conosciamo due tipi di colesterolo: quello cosiddetto "cattivo", trasportato dalle lipoproteine LDL e che tende ad accumularsi nelle arterie, e quello "buono", trasportato invece dalle HDL. Il rapporto tra colesterolo-LDL e colesterolo-HDL dovrebbe sempre essere inferiore a 3, per non costituire un’insidia per cuore e vasi sanguigni.

Ancora più dannosi per la salute rispetto ai grassi saturi, sono considerati quelli trans (in particolare quelli di origine industriale). Come i grassi saturi, infatti, tendono ad aumentare il colesterolo totale e le LDL, ma, oltre a ciò, riducono i livelli del colesterolo “buono”, l’HDL, andando così a peggiorare il rapporto tra queste due frazioni. Per questi composti è stato ipotizzato anche un effetto favorevole allo sviluppo di aritmie, oltre a un’azione pro-infiammatoria. Per l’Organizzazione mondiale della sanità, al loro consumo eccessivo sono da ascrivere circa 500.000 decessi ogni anno a livello globale. È stato calcolato che un’eliminazione completa dei grassi trans e la loro sostituzione con carboidrati e acidi grassi insaturi potrebbero ridurre l’incidenza delle malattie cardiovascolari, la prima causa di morte nel mondo, del 20-25 per cento. In questo senso i riflettori sono puntati soprattutto sulle margarine, considerate le principali responsabili della presenza di grassi trans nella dieta. Oggi il loro profilo nutrizionale è migliorato molto, con una riduzione significativa del tenore di queste componenti. Ma in molti prodotti industriali le materie ricche di acidi grassi trans si trovano ancora, in ragione della loro facilità di utilizzo, del prezzo ridotto e della lunga conservabilità nel tempo. Inoltre, aspetto da non sottovalutare, i grassi trans donano una consistenza e un sapore che risultano spesso molto apprezzati dai consumatori.

Un consumo eccessivo di grassi di qualsiasi natura comporta inoltre un aumento di energia che, se di molto superiore al dispendio calorico giornaliero, si traduce nell’accumulo di lipidi conservati come deposito energetico. Ecco perché tenere sotto controllo l’apporto di grassi, in particolar modo di quelli saturi e trans, contribuisce a mantenere un adeguato peso corporeo e ridurre il rischio di sviluppare sovrappeso, obesità e malattie quali il diabete di tipo 2 e la steatosi epatica, oltre alle patologie cardiovascolari.

 

Non tutti i grassi hanno lo stesso impatto sulla salute. La dieta dei cilentani, e più in generale delle popolazioni mediterranee, è ricca di grassi provenienti soprattutto da fonti vegetali (olio extravergine di oliva e legumi) e dal pesce. Eppure, tra coloro che seguono la dieta mediterranea e danno ampio spazio ad alimenti freschi e a pietanze poco elaborate, il tasso di incidenza delle malattie cardiovascolari, dell’obesità e del diabete sono molto più bassi di quelli che si registrano, per esempio, negli Stati Uniti. Segno che, anche a parità di apporto di grassi, a fare la differenza è anche il tipo.

Possiamo affermare che una dieta ricca di grassi aumenti il rischio di sviluppare un tumore? A oggi sappiamo che un consumo eccessivo di acidi grassi trans è associato a un aumentato rischio di sviluppare tumori del cavo orale, della faringe, dell’esofago, del seno e dell’ovaio. Osservazioni in tal senso sono state raccolte negli ultimi dieci anni da alcune delle più importanti istituzioni scientifiche, quali l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) e la Società americana degli oncologi (ASCO).

Per quel che riguarda l’apporto di grassi in generale nella dieta e il rischio oncologico, non ci sono conclusioni certe. Sebbene si sappia che oltre 3 casi di cancro su 10 sono la conseguenza di abitudini alimentari non salutari, tra cui anche un eccessivo consumo di grassi, è la qualità complessiva della dieta, più che l’apporto di un singolo macronutriente, a determinare la riduzione o l’aumento di tale rischio. I risultati di diversi studi epidemiologici hanno mostrato una correlazione tra un elevato consumo di grassi e un maggiore rischio di sviluppare un tumore del colon-retto. A contribuire a tale effetto sarebbe l’aumento dell’infiammazione determinato da una dieta ricca di grassi e inoltre l’impatto di questi ultimi sulla composizione del microbiota intestinale, il cui assetto è sempre più spesso considerato fondamentale per mantenere un buono stato di salute, non soltanto contro il rischio oncologico. Allo stesso tempo, nessuna ricerca ha finora dimostrato che riducendo l’apporto dei grassi si possa prevenire del tutto l’insorgenza dei tumori o ridurre il loro tasso di mortalità

 

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