Microplastiche nella frutta e nella verdura: occhio ai fanghi delle acque reflue

25/01/2023

Tutti gli esseri umani del XXI secolo (o quasi) mangiano micro e nanoplastiche, perché il terreno e le acque ne sono così pieni da rendere quasi impossibile evitare di assorbirle attraverso gli alimenti. 

Una delle fonti meno considerate, a cui ora la BBC dedica un lungo approfondimento, sono le acque reflue, i cui fanghi, una volta trattati, sono messi nuovamente nell’ambiente e usati come fertilizzanti (e non solo) in diversi paesi. Poiché le acque contengono grandi quantità di microplastiche, anche i fanghi che ne derivano ne sono pieni, al punto che, secondo uno studio, le microplastiche ne costituiscano fino all’1% del peso secco.

In Europa nell’ottica della circolarità, una specifica direttiva ne promuove il riutilizzo, al punto che ogni anno i terreni agricoli europei vengono fertilizzati con circa 3-4 milioni di tonnellate di fanghi di questo tipo. 

Secondo uno studio dello scorso luglio dell’Università di Cardiff, la pratica ogni anno porta tra le 31mila e le 42mila tonnellate di plastiche (pari a 86-710 trilioni di microparticelle) nei terreni agricoli e sta rendendo i suoli europei un concentrato di polimeri, con effetti sulla salute ancora in gran parte da comprendere. Non è tutto: la plastica è quasi eterna, e una volta entrata nei terreni vi resta per un tempo incredibilmente lungo. I ricercatori dell’Università di Marburgo, in Germania, hanno trovato frammenti di microplastiche vecchi 34 anni in due campi, 90 centimetri al di sotto della superficie. 

Secondo uno studio dell’Università di Catania del 2020, nella frutta e nella verdura vendute nei mercati locali sono presenti le micro e le nanoplastiche, soprattutto nelle mele e nelle carote. In base a un’altra ricerca, questa volta olandese, le radici assorbono anche le nanoplastiche, che si concentrano in esse, ma migrano, in piccola parte, anche in foglie e frutti. Per questo verdure come l’insalata o i cavoli hanno quantitativi relativamente bassi, ma carote, rape, ravanelli e tuberi in generale tendono ad accumularne di più.

In conclusione, secondo alcuni esperti, sarebbe urgente non utilizzare più i fanghi come fertilizzanti. La cosa è stata decisa dai Paesi Bassi nel 1995, la Svizzera nel 2003, e lo stato americano del Maine nel 2022, a causa dell’enorme contaminazione da Pfas dei suoi terreni agricoli, che ha causato la dismissione di centinaia di essi. L’Italia e la Grecia in parte li depositano nelle discariche, ma anche così permane il rischio di dispersione verso i terreni e le acque.

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