Latte: tra data di scadenza e spreco alimentare

18/01/2022

Nel Regno Unito una catena di supermercati ha deciso di sostituire la data di scadenza del latte fresco indicata sull’etichetta dopo la frase “da consumare entro …”.

L’intenzione è sostituire la scadenza con il termine minimo di conservazione, riportato sull’etichetta dopo la frase “da consumare preferibilmente entro …”.

La differenza è importante perché nel primo caso la data rappresenta l’ultimo giorno utile per consumare il prodotto, nel secondo, invece, la dicitura è più flessibile e la data si riferisce al giorno entro il quale l’alimento mantiene la qualità, il gusto e la consistenza iniziale. Questo cambiamento di dicitura vuol dire che il latte  fresco si può ancora consumare nei giorni immediatamente successivi.

La questione è ben nota ai produttori italiani che sono costretti da una legge vecchia di quasi 20 anni a riportare sulle confezioni una data di scadenza di 6 giorni più uno (quello del confezionamento). Anche se i produttori da anni stanno promuovendo di prolungare la scadenza del latte fresco pastorizzato sino a 10 giorni perché, se viene rispettata la catena del freddo, si mantiene benissimo. L’ampliamento dell’intervallo non è del resto una novità. La legge precedente (numero 169 del 1989) stabiliva la scadenza del latte fresco non oltre il quarto giorno dopo quello di confezionamento. La norma è stata sostituita dal decreto ministeriale ancora in vigore del 24 luglio 2003, che prevede l’intervallo di sei giorni più uno.

In questo modo si ridurrebbe lo spreco domestico e diminuirebbe anche il quantitativo di latte fresco che ogni giorno viene restituito dai supermercati ai produttori. Questo aspetto è poco conosciuto ma è molto importante. Le catene di supermercati chiedono al fornitore di ritirare il latte fresco, quando mancano ancora due giorni alla scadenza. Il motivo è che la gente preferisce acquistare le confezioni con una scadenza di 3-4 giorni e quindi i punti vendita ritirano preventivamente dai banchi frigorifero il latte fresco confezionato prima. Si tratta di una (cattiva) consuetudine frutto di accordi tra aziende e grande distribuzione che però incide sul prezzo di vendita. I dati di vendita d’altro canto registrano un calo delle vendite progressivo negli ultimi anni del prodotto fresco (-7,5 % nel 2021 rispetto al 2020). Siamo di fronte a uno spreco difficile da accettare visto che nel 2021 ha raggiunto anche il 5% del venduto nei supermercati. Le confezioni di latte ancora in ottime condizioni vengono solo in parte donate alle associazioni umanitarie. Nella maggior parte dei casi il prodotto è destinato all’alimentazione animale. 

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